I disturbi pervasivi dello sviluppo o sindromi da alterazioni globali dello sviluppo psicologico
Gruppo di gravi disturbi dello sviluppo delle competenze sociali, cognitive e comunicative, ad insorgenza precoce:
– Autismo
– Sindrome di Asperger
– Sindrome di Rett
– Disturbo disintegrativo dell’infanzia
– Disturbo pervasivo dello sviluppo NAS
Autismo
Disturbo caratterizzato dalla triade sintomatologica: a) difficoltà nell’interazione sociale; b) difficoltà nella comunicazione; c) gamma ristretta di interessi ed attività. Insorgenza: prima dei tre anni. Disturbo dell’interazione sociale: il bambino evita lo sguardo, non sorride al volto, non manifesta le normali attitudini anticipatorie, non si orienta alla voce della madre. Non si verificano, nel secondo semestre di vita, l’angoscia di separazione e l’angoscia dell’estraneo. Nel secondo anno di vita il bambino non risponde se chiamato, evita attivamente lo sguardo, non ricerca i coetanei, non richiede la presenza dei genitori. Disturbo della comunicazione: nel primo anno di vita mancano i normali comportamenti comunicativi preverbali, come il pointing richiestivo e dichiarativo. Nel secondo semestre di vita compaiono lallazioni inusuali, consonantiche, gutturali, bizzarre tanto da far pensare al verso di un animale. Nel secondo anno di vita il disturbo del linguaggio è talmente evidente che costituisce di solito il motivo per cui i bambini arrivano all’osservazione clinica. I bambini parlano in terza persona con prosodia cantilenante e monotona, presentano ecolalia diretta e più spesso differita, non adoperano il linguaggio per scopi comunicativi. Gamma ristretta di interessi e attività: già nel primo anno di vita si verifica la tendenza a focalizzare l’attenzione su attività stereotipate (per es., facendo scorrere avanti e indietro un camioncino sul pavimento). Nel secondo anno di vita può mostrarsi eccessivamente attaccato ad un oggetto (definito oggetto autistico). Gli studi più recenti evidenziano come, nella maggior parte dei soggetti, sia poi presente un ritardo mentale con profilo delle prestazioni solitamente disarmonico e con aree di buon funzionamento che riguardano particolari ambiti (per es., memoria spaziale, capacità di manipolazione e di riconoscimento di strutture ritmiche). In generale, possono essere presenti stereotipie motorie, deambulazione sulle punte, grimaces e sfarfallamenti, crisi di agitazione incontenibile se si cerca di interferire nelle stereotipie o se si modifica qualche cosa nell’ambiente, ritardo dello sviluppo posturo-motorio. Segni precoci da valutare: assenza del sorriso al terzo mese davanti al viso materno; assenza fra gli 8 e i 12 mesi della cosiddetta “angoscia dell’estraneo”; assenza di attitudini anticipatorie (il bambino autistico manca di ogni movimento di anticipazione sia verso le persone che verso gli oggetti). Nel primo anno di vita i sintomi sono per lo più di tipo “negativo”, si tratta di bambini “troppo buoni”, che piangono poco, scarsamente esigenti. Spesso manifestano fobia nei confronti di rumori particolari (lavatrice, aspirapolvere), degli spazi vuoti, di alcuni oggetti. Sintomi neurologici e psichiatrici associati: ipertonia, ipotonia, strabismo, discinesie, mioclonie, riflessi profondi o superficiali patologici si trovano più frequentemente nei bambini autistici; epilessia: dal 5 al 30% dei pazienti. Linee di trattamento: Farmacologico – Psicoterapeutico – educativo e riabilitativo – Trattamento integrato (il modello terapeutico cognitivo-comportamentale nell’autismo): precoce, intensivo, di gruppo (3-4 soggetti); multidimensionale; prolungato nel tempo; rivolto anche alle famiglie (alleanza terapeutica). Frequenza parallela dell’asilo nido e/o scuola materna per favorire la successiva integrazione scolastica.
Disturbo di Asperger
Si caratterizza per:
– anomalia qualitativa dell’interazione sociale (simil autistica);
– repertorio limitato, stereotipato di interessi e di attività;
– nessun ritardo del linguaggio;
– nessun ritardo cognitivo;
– goffaggine;
– tendenza a persistere nell’età adulta (episodi psicotici giovanili).
Molti autori la considerano fra le forme di autismo ad alto funzionamento.
Disturbo disintegrativo dell’infanzia
Si manifesta dopo almeno due anni durante i quali lo sviluppo è stato normale, con una perdita delle capacità precedentemente acquisite e con una contemporanea comparsa di anomalie caratteristiche nell’ambito della socializzazione, della comunicazione e del comportamento. Caratteristiche sintomatologiche: compromissione qualitativa dell’interazione sociale e della comunicazione (per es., incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei; uso stereotipato e ripetitivo del linguaggio, mancanza di giochi di imitazione) – perdita clinicamente significativa di capacità di prestazione già acquisite (per es., gioco, abilità motorie, controllo degli sfinteri) – crisi d’angoscia alla separazione dalla madre – interessi ed attività ristretti, ripetitivi e stereotipati, inclusi stereotipie motorie e manierismi – contatti affettivi di tipo fusionale e ambivalente.
In genere, il disturbo sembra legato ad una vulnerabilità primaria del bambino e può manifestarsi dopo un evento scatenante, spesso non ben definibile, ma che potrebbe essere, per es., anche un semplice trasloco o la separazione brusca dalla madre (per es.,ospedalizzazione della madre o del bambino). Sembra però verosimile che questi eventi siano associazioni casuali.
Il disturbo disintegrativo dell’infanzia è apparentemente molto meno comune del disturbo autistico, ma la condizione è probabilmente poco conosciuta. Le due condizioni sono abbastanza simili, eccetto per l’età di esordio e la prognosi. Mentre nel disturbo autistico è evidente prima dei tre anni un’anormalità di interazione sociale, del linguaggio comunicativo e del gioco simbolico o immaginativo, nel disturbo disintegrativo dell’infanzia lo sviluppo è normale dopo i primi anni e la prognosi è perfino peggiore che nel disturbo autistico.
Disturbo di Rett
Trattasi di una patologia neurologica progressiva, con distribuzione quasi esclusiva nel sesso femminile, caratterizzata da demenza, iperammoniemia, comportamento autistico, aprassia della marcia, ipomimia e movimenti stereotipati delle mani. Criteri diagnostici: a) sviluppo prenatale apparentemente normale; b) sviluppo psicomotorio apparentemente normale nei primi 5 mesi dopo la nascita; c) circonferenza cranica normale alla nascita. Esordio dei seguenti sintomi dopo il periodo di sviluppo normale: a) rallentamento della crescita del cranio tra i 5 e i 48 mesi; b) perdita di capacità manuali finalistiche acquisite in precedenza fra i 5 e i 30 mesi con successivo sviluppo dei movimenti stereotipati delle mani (p.e. torcersi e lavarsi le mani); c) perdita precoce dell’interesse sociale lungo il decorso (sebbene l’interazione sociale si sviluppi spesso in seguito); d) insorgenza di andatura o movimenti del tronco scarsamente coordinati; e) sviluppo della ricezione e dell’espressione del linguaggio gravemente compromesso con grave ritardo psicomotorio.
La semeiotica delle mani rappresenta un elemento cardine per la diagnosi; oltre alla stereotipia di lavaggio delle mani, si ha una progressiva disprassia manuale per cui abilità già acquisite, come prendere un cucchiaio e portarlo alla bocca, vengono perdute. Sono la norma la stipsi e l’aerofagia, frequente è il bruxismo.
Anomalie elettroencefalografiche sono presenti nella maggior parte dei casi, ma non sono descritte anomalie specifiche. Fra le ipotesi etiopatogenetiche vi è in primo luogo quella genetica, data la distribuzione quasi esclusiva nel sesso femminile, l’alta familiarità, l’alto grado di consanguineità negli alberi genealogici dei soggetti colpiti; l’ipotesi più attuale è che il meccanismo di trasmissione sia di tipo autosomico recessivo. Gli studi neuropatologici hanno evidenziato una ipoplasia della substantia nigra, dovuta ad una riduzione dei granuli di melanina, senza perdita dei neuroni, una diffusa atrofia corticale, con riduzione delle dimensioni dei neuroni senza riduzione del numero, una riduzione delle arborizzazioni dendritiche in aree specifiche della corteccia, una diminuzione del volume cerebellare che riguarda soprattutto il verme, un’atrofia del caudato e del tronco encefalico, degenerazione dei fasci ascendenti e discendenti del midollo spinale. Uno studio con RMN ha evidenziato un’ipoplasia globale del cervello e atrofia progressiva del cervelletto.
Ritardo mentale
Con questo termine si indica un gruppo assai eterogeneo di condizioni il cui elemento fondamentale è il difetto mentale, cioè l’individuo resta capace, al termine di sviluppo, di espressioni psichiche ridotte e di qualità inferiore alla norma. La definizione di ritardo mentale deriva dagli autori anglosassoni e ha sostituito quelle di frenastenia, oligofrenia, deficienza mentale, imbecillità, idiozia, insufficienza mentale. E’ un pattern psicopatologico specifico che determina un difetto delle capacità cognitive (tale che al termine di sviluppo il soggetto non arriva mai alla tappa del pensiero “logico-formale”), nonché della personalità e delle relazioni con l’ambiente. Il concetto di ritardo mentale è relativo alle prestazioni che vengono richieste al soggetto a seconda dell’ambiente di vita e poiché le prestazioni richieste variano con l’età, il concetto di ritardo mentale è relativo all’età del soggetto. Criteri diagnostici: a) deficit intellettivo; b) disturbo delle capacità di adattamento in almeno due delle seguenti aree: comunicazione, autonomia personale, vita in famiglia, competenze sociali, uso risorse comunità, autodeterminazione, capacità di acquisizione apprendimenti scolastici di base, capacità di svolgere un lavoro, capacità di godere del tempo libero, capacità di tutelare la propria salute e sicurezza personale; c) insorgenza prima dei 18 anni. Il funzionamento intellettivo generale è definito dal quoziente di intelligenza (QI) ottenuto tramite la valutazione con uno o più test di intelligenza standardizzati, somministrati individualmente.
Livello del ritardo mentale (classificazione psicometrica – Q.I. e analisi genetica secondo Piaget):
|
Q.I. |
Analisi genetica
Pensiero |
casi limite e borderline |
70-84 |
operatorio-formale |
grado lieve |
50-70 |
operatorio-concreto B (>9 anni) |
grado medio |
35-49 |
operatorio-concreto A (6-9 anni) |
grado grave |
20-34 |
Preoperatorio |
grado profondo o gravissimo |
<20 |
sensomotorio (possibili solo scambi affettivi e non cognitivi) |
E’ possibile diagnosticare un ritardo mentale in soggetti con un QI tra 70 e 75 che mostrano deficit significativi del comportamento adattivo. Al contrario, un ritardo mentale non dovrebbe essere diagnosticato ad un soggetto con un QI inferiore a 70 se non vi sono deficit significativi o compromissione del funzionamento adattivo. Schematizzando possiamo distinguere due grandi gruppi: quello dei ritardi mentali gravi (RGM) e quello dei ritardi mentali lievi (RML). RMG grado profondo: comunicazione ridotta all’espressione degli occhi e del sorriso, comportamenti ripetitivi e sterotipati, manifestazioni autoaggressive. RMG grado grave: sviluppo del linguaggio tale da permettere una limitata comunicazione verbale, acquisizione di abitudini elementari, senza apprendimenti scolastici, qualche interesse affettivo o relazionale. RML grado medio e lieve: difetto di assimilazione dell’esperienza, cioè di informazione e di elaborazione percettiva; il soggetto non sa collocare ogni nuova percezione nel giusto contesto spaziale e temporale, non riesce a separare l’esperienza precedente, fissata nella memoria, da quella nuova, e da ciò deriva spesso una percezione rigida, poco mobile, stereotipata, troppo modellata sulla traccia dei ricordi.; goffaggine derivante dall’incapacità di programmare il movimento nel tempo e nello spazio; difetto del linguaggio e povertà di espressione; difficoltà di accedere al pensiero astratto. I comportamenti autoaggressivi sono presenti in una percentuale di soggetti ritardati che oscilla dal 10 al 15%; la frequenza va aumentando col ridursi del QI. Etiopatogenesi: – cause organiche (genetiche e biologiche) – anomalie geniche o cromosomiche – alterazioni embrio-fetali – alterazioni perinatali – alterazioni postnatali (traumatismi, encefaliti) – fattori psicosociali (carenze affettive gravi, mancanza di figure di allevamento) – cause sconosciute. Spesso multifattorialità.
I bambini con ritardo mentale hanno sempre un disturbo metacognitivo ossia dell’utilizzazione delle proprie conoscenze, anche nei casi borderline che a tal fine vengono sottoposti a training particolari come un training metacognitivo sulla memoria, sulla lettura, sul ragionamento matematico. Tipo di organizzazione difensiva dei genitori di fronte al ritardo mentale: – spostamento dei sentimenti di colpa e scarico fra congiunti, sul personale medico, sugli educatori, sugli infermieri – controinvestimento nell’iperprotezione o nella riparazione (sacrificio espiatorio) – il diniego (“non è vero, si ingannano”) – l’annullamento (“non potete farci niente”) – l’ambivalenza (fra rifiuto e sacrificio). E’ l’atteggiamento più frequente; ricorrente in tutti i momenti importanti della vita (primi passi, scuola, pubertà, ecc.)
Disturbi dell’apprendimento
I Disturbi dell’Apprendimento comprendono il Disturbo della Lettura, il Disturbo del Calcolo, il Disturbo dell’Espressione Scritta, ed il Disturbo dell’Apprendimento Non Altrimenti Specificato. Vengono diagnosticati quando i risultati ottenuti dal soggetto in test standardizzati, somministrati individualmente, su lettura, calcolo, o espressione scritta risultano significativamente al di sotto di quanto previsto in base all’età, all’istruzione, e al livello di intelligenza. I problemi di apprendimento interferiscono in modo significativo con i risultati scolastici o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura, di calcolo, o di scrittura. Diagnosi differenziale. I disturbi dell’apprendimento devono essere differenziati da normali variazioni nei risultati scolastici e da difficoltà scolastiche dovute a mancanza di opportunità, insegnamento scadente, o fattori culturali. Un’istruzione inadeguata può avere come risultato una scadente prestazione ai test standardizzati di rendimento. I bambini con retroterra etnico o culturale diverso rispetto alla cultura scolastica prevalente, o che seguono i loro studi in lingue diverse dalla lingua madre, o i bambini che hanno frequentato scuole dove l’insegnamento è stato inadeguato possono avere punteggi bassi ai test di rendimento. I bambini con questo stesso retroterra possono anche essere a rischio maggiore di assenteismo scolastico dovuto a malattie più frequenti o ad ambienti di vita impoveriti o caotici. Una compromissione visiva o uditiva può danneggiare la capacità di apprendimento e dovrebbe essere studiata con test di screening audiometrico o visivo. Un disturbo dell’apprendimento può essere diagnosticato in presenza di tali deficit sensoriali solo se le difficoltà di apprendimento vanno al di là di quelle solitamente associate con quei deficit. Nel ritardo mentale le difficoltà di apprendimento sono proporzionate alla compromissione generale del funzionamento intellettivo. Comunque, in alcuni casi di ritardo mentale lieve, il livello di apprendimento nella lettura, nel calcolo, o nell’espressione scritta è significativamente al di sotto dei livelli previsti in base all’istruzione del soggetto e alla gravità del ritardo mentale. In questi casi dovrebbe essere ulteriormente diagnosticato l’appropriato disturbo dell’apprendimento. Dovrebbe essere fatta una diagnosi aggiuntiva di disturbo dell’apprendimento nel contesto di un disturbo pervasivo dello sviluppo solo quando la compromissione scolastica è significativamente al di sotto dei livelli previsti in base al funzionamento intellettivo e all’istruzione del soggetto. Il disturbo di calcolo ed il disturbo dell’espressione scritta insorgono assai frequentemente in associazione con il disturbo della lettura. Manifestazioni e disturbi associati: demoralizzazione, scarsa autostima e deficit nelle capacità sociali possono essere associati. La percentuale di bambini o adolescenti con disturbi dell’apprendimento che abbandonano la scuola è stimata intorno al 40%. Da adulti possono avere notevoli difficoltà nel lavoro o nell’adattamento sociale.
Disturbo delle capacità motorie
Include il Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione, che è caratterizzato da coordinazione motoria sostanzialmente inferiore rispetto a quanto previsto data l’età cronologica e la valutazione psicometrica dell’intelligenza del soggetto. La diagnosi viene fatta solo se: a) questa compromissione influisce in modo significativo con l’apprendimento scolastico e le attività della vita quotidiana; b) la difficoltà non è dovuta ad una condizione medica generale (per es., paralisi cerebrale, emiplegia, distrofia muscolare). Le manifestazioni di questo disturbo variano con l’età e con lo sviluppo. I bambini più piccoli possono presentare goffaggine e ritardo nel raggiungimento delle tappe fondamentali dello sviluppo motorio (per es., gattonare, camminare, stare seduti, allacciarsi le scarpe, abbottonarsi la camicia, ecc.). I bambini più grandi possono mostrare difficoltà nelle componenti motorie dell’assemblaggio dei puzzles, nel modellismo, nel giocare a palla, nello scrivere in stampatello e nella grafia. Se è presente ritardo mentale, le difficoltà vanno al di là di quelle di solito associate con esso.
Disturbi della comunicazione
Comprendono: a) Disturbo dell’espressione del linguaggio; b) Disturbo misto dell’espressione e della ricezione del linguaggio; c) Disturbo della fonazione; d) Balbuzie; e) Disturbo della comunicazione non altrimenti specificato (NAS).
Disturbo dell’espressione del linguaggio: la caratteristica fondamentale del disturbo dell’espressione del linguaggio è una compromissione dello sviluppo del linguaggio espressivo, dimostrata dai punteggi ottenuti con misurazioni standardizzate (somministrate individualmente) dello sviluppo della espressione del linguaggio, che sono sostanzialmente inferiori rispetto a quelle ottenute con misurazioni standardizzate sia dell’abilità intellettiva non verbale che dello sviluppo della ricezione del linguaggio. Quando non siano disponibili strumenti standardizzati o appropriati, la diagnosi potrebbe basarsi su una valutazione funzionale globale delle capacità di linguaggio dell’individuo. Le difficoltà possono insorgere nella comunicazione che implica sia il linguaggio verbale che il linguaggio gestuale. Le difficoltà di linguaggio interferiscono con i risultati scolastici o lavorativi o con la comunicazione sociale. La manifestazione più comunemente associata al Disturbo della Espressione del Linguaggio nei bambini più piccoli è il disturbo della fonazione. Vi può essere anche un’anomalia nella scorrevolezza e nella formulazione del linguaggio, che comporta una velocità eccessivamente elevata, un ritmo irregolare dell’eloquio e anomalie nella struttura del linguaggio (“farfugliamento”). Quando il disturbo dell’espressione del linguaggio è acquisito, sono comuni anche ulteriori difficoltà di eloquio che possono includere problemi di articolazione motoria, errori fonetici, eloquio lento, ripetizione di sillabe, tonalità e modalità di accentuazione monotone. Tra i bambini in età scolare, i problemi scolastici e di apprendimento (per es., il dettato, la copiatura, e la compitazione), che talvolta soddisfano i criteri per i disturbi dell’apprendimento, sono spesso associati con il disturbo dell’espressione del linguaggio.
Disturbo misto dell’espressione e della ricezione del linguaggio. Un soggetto con questo disturbo presenta le difficoltà associate al disturbo dell’espressione del linguaggio (per es., vocabolario notevolmente limitato, errori nella coniugazione dei verbi, difficoltà nel ricordare le parole o nel comporre frasi di lunghezza o complessità adeguata al livello di sviluppo, e difficoltà generale nell’esprimere le idee), ed ha anche una compromissione nello sviluppo della ricezione del linguaggio (per es., difficoltà nel comprendere parole, frasi, o tipi particolari di parole). Nei casi lievi, possono esservi difficoltà solo nella comprensione di particolari tipi di parole (per es., termini spaziali) o di frasi (per es., frasi complesse come costruzioni ipotetiche). Nei casi più gravi, vi possono essere menomazioni multiple, inclusa l’incapacità di capire il vocabolario di base o frasi semplici, e deficit in diverse aree dell’elaborazione uditiva (per es., discriminazione dei suoni, associazione di suoni e simboli, immagazzinamento, rievocazione, e costruzione di sequenze).
Disturbo della fonazione. Include errori di produzione fonetica (cioè di articolazione) che comportano l’incapacità di formare i suoni dell’eloquio in modo corretto e con una base cognitivamente esatta, il che porta ad un deficit nella categorizzazione linguistica dei suoni dell’eloquio (per es., una difficoltà di decidere quali suoni nel linguaggio creano una differenza di significato). La gravità varia da uno scarso o nullo effetto sull’intellegibilità dell’eloquio ad un eloquio del tutto incomprensibile. I suoni più frequentemente malarticolati sono quelli acquisiti più tardi nella sequenza dello sviluppo (l, r, s, z, gl, gn, c), ma nei soggetti più giovani o più gravemente ammalati sono interessate anche le consonanti e le vocali che si sviluppano in precedenza. La blesità (cioè la malarticolazione delle sibilanti) è particolarmente comune. Il Disturbo della Fonazione può anche comprendere errori di selezione e di ordinazione dei suoni all’interno di sillabe e parole (per es., trub per turb, petr per pret).
Balbuzie. La manifestazione principale è un’anomalia del normale fluire e della cadenza dell’eloquio, che non risulta adeguato all’età del soggetto. Questa anomalia è caratterizzata da frequenti ripetizioni o prolungamenti di suoni o di sillabe. Possono esservi diversi altri tipi di anomalie del fluire dell’eloquio, comprese interiezioni, interruzioni di parole (pause all’interno di una parola), blocchi udibili o silenti (pause colmate o non colmate nel discorso), circonlocuzioni (cioè, sostituzioni di parole per evitare parole problematiche), parole emesse con un’eccessiva tensione fisica e ripetizioni di un’intera parola monosillabica (per es., “O-O-O-O fame”). L’anomalia nella scorrevolezza interferisce con i risultati scolastici o professionali o con la comunicazione sociale. La balbuzie è spesso assente durante la lettura orale, il canto o il colloquio con oggetti inanimati o con animali.
Disturbi della comunicazione NAS. Questa categoria diagnostica riguarda i disturbi della comunicazione che non soddisfano i criteri per alcun Disturbo della Comunicazione specifico; per esempio, un disturbo della voce (cioè, un’anomalia dell’altezza, dell’intensità, della qualità, della tonalità o della risonanza vocale).
Disturbi da deficit di attenzione e da comportamento dirompente
Comprendono. a) il disturbo da deficit di attenzione/ iperattività, caratterizzato da imponenti sintomi di disattenzione e/o di iperattività-impulsività; b) il disturbo della condotta, caratterizzato da una modalità di comportamento che lede i diritti fondamentali degli altri oppure le principali norme o regole sociali adeguate alla età; c) il disturbo oppositivo provocatorio, caratterizzato da una modalità di comportamento negativistica, ostile, e provocatoria.
Disturbo della nutrizione dell’infanzia o della prima fanciullezza
La caratteristica fondamentale è la persistente incapacità del bambino di mangiare adeguatamente, come manifestato dalla significativa difficoltà ad aumentare di peso o da una significativa perdita di peso durante un periodo di almeno un mese. Non vi è una condizione gastrointestinale o un’altra condizione medica generale (per es., reflusso gastroesofageo) abbastanza grave da spiegare l’anomalia della nutrizione. L’anomalia non è neppure meglio attribuibile a altro disturbo mentale o a mancanza di cibo. L’esordio del disturbo deve avvenire prima dei 6 anni di età. I soggetti in età infantile con tale disturbo possono essere irritabili e difficili da confortare durante la nutrizione. Possono apparire apatici e ritirati e mostrare ritardi di sviluppo. In alcuni casi, problemi di interazione genitore-bambino possono contribuire ai problemi di nutrizione del bambino o aggravarli (per es., offrire il cibo in modo inadeguato o rispondere al rifiuto del cibo da parte del bambino come se fosse un atto di ricusazione aggressiva). Un apporto calorico inadeguato può esacerbare le caratteristiche associate (per es., irritabilità, rallentamenti dello sviluppo) e contribuire ulteriormente alle difficoltà di nutrizione. I fattori che possono essere associati alla condizione includono caratteristiche temperamentali o un ritardo della crescita intrauterino e preesistenti compromissioni dello sviluppo che possono rendere il bambino meno reattivo. Altri fattori associati includono la psicopatologia dei genitori e il maltrattamento o l’abbandono del bambino.
Disturbi da tic
Un tic è un movimento, o una vocalizzazione, improvviso, rapido, ricorrente, aritmico e stereotipato. I tic motori e vocali possono essere semplici (con il coinvolgimento di pochi muscoli o con l’emissione di suoni semplici) o complessi (con il coinvolgimento di gruppi multipli di muscoli reclutati per l’emissione di esplosioni orchestrate o parole e frasi). Esempi di tic motori semplici sono ammiccamenti, arricciamenti di naso, torsioni del collo, alzate di spalle, smorfie del viso e contrazione addominale. I tic motori complessi includono movimenti delle mani, saltare, toccare, schiacciare, pestare i piedi, contorsioni del viso, annusare ripetutamente un oggetto, accovacciarsi, flettere profondamente le ginocchia, tornare sui propri passi, piroettare camminando ed assumere e mantenere insoliti atteggiamenti posturali. Questi tic sono di durata più lunga. La coproprassia (un gesto improvviso, simile al tic, ma volgare, sessuale od osceno) e i fenomeni a specchio come l’ecoprassia (imitazione spontanea e involontaria di movimenti di un altro) sono tic motori complessi. I tic vocali semplici sono suoni senza significato come raschiarsi la gola, grugnire, annusare, soffiare e stridire. I tic vocali complessi coinvolgono più chiaramente l’eloquio e il linguaggio, ed includono l’espressione spontanea ed improvvisa di singole parole o frasi, il blocco dell’eloquio, cambiamenti improvvisi e senza senso dell’altezza, dell’enfasi o del volume dell’eloquio; la palilalia (ripetizione dei propri suoni o delle proprie parole) e l’ecolalia (ripetizione del suono, della parola o della frase uditi per ultimi). La coprolalia è l’espressione inappropriata ed improvvisa di una parola o di una frase socialmente inaccettabile e può includere oscenità così come specifiche ingiurie, etniche, razziali o religiose. I tic di solito vengono avvertiti come irresistibili, ma possono essere repressi per periodi variabili di tempo. Molte persone con tic avvertono una tensione che cresce o una sensazione fisica in una parte del corpo che precede il tic motorio o vocale ed un sentimento di sollievo o di riduzione della tensione dopo l’espressione del tic. I tic sono spesso più frequenti quando una persona si rilassa in privato (per es., guardando la televisione) e diminuiscono quando il soggetto è impegnato in una attività diretta ed impegnativa (per es., leggere o cucire). I tic possono aggravarsi nei periodi di stress come quando vi è un aumento della pressione sul lavoro o durante gli esami.
Disturbi dell’evacuazione
a) encopresi, ripetuta evacuazione di feci in luoghi inappropriati (per es., nei vestiti o sul pavimento). La maggior parte delle volte ciò è involontario ma occasionalmente può essere intenzionale. L’incontinenza fecale non deve essere collegata esclusivamente agli effetti diretti di una sostanza (per es., lassativi) o di una condizione medica generale; b) enuresi, ripetuta emissione di urine durante il giorno o di notte, nei vestiti o nel letto. La maggior parte delle volte ciò è involontario ma può essere intenzionale. Il soggetto deve aver raggiunto un’età in cui è previsto il controllo della minzione. L’incontinenza urinaria non è dovuta esclusivamente agli effetti diretti di una sostanza (per es., diuretici) o di una condizione medica generale (per es., diabete, spina bifida, un disturbo convulsivo).
Altri disturbi dell’infanzia, della fanciullezza o dell’adolescenza
a) Disturbo d’ansia di separazione, caratterizzato da un’ansia eccessiva e inadeguata rispetto al livello di sviluppo che riguarda la separazione da casa o da coloro a cui il bambino è attaccato; b) Mutismo selettivo, caratterizzato da una notevole incapacità di parlare in specifiche situazioni sociali nonostante in altre situazioni parlare risulti possibile; c) Disturbo reattivo dell’attaccamento dell’infanzia o della prima fanciullezza, caratterizzato da una modalità di relazione sociale notevolmente disturbata e inadeguata rispetto al livello di sviluppo, che si manifesta nella maggior parte dei contesti ed è associata con un accudimento grossolanamente patogeno; d) Disturbo da movimenti stereotipati, caratterizzato da comportamento motorio ripetitivo, verosimilmente intenzionale e afinalistico, che interferisce notevolmente con le normali attività e a volte può comportare lesioni corporee. In genere, i bambini o gli adolescenti possono presentare problemi che richiedono attenzione clinica ma che non sono definiti come disturbi mentali (per es., difficoltà relazionali, connesse a maltrattamento o abbandono, lutto, funzionamento intellettivo limite, problemi scolastici).
Depressioni dell’età infantile
Nella prima infanzia il quadro depressivo si manifesta unicamente con disturbi somatici: turbe dell’alimentazione e del sonno, ritardo dello sviluppo psicomotorio. Nella seconda infanzia si manifesta con insufficienza delle prestazioni intellettive, tendenza all’isolamento, crisi di pianto apparentemente immotivate; si possono inoltre rilevare condotte aggressive, manifestazioni fobiche (pavor nocturnus, crisi dispnoiche), comportamenti autoerotici (suzione del pollice) e regressivi (enuresi ed encopresi). Nell’età scolare la depressione si esprime con cattivo adattamento scolastico: ritardo e difficoltà dell’apprendimento, insicurezza, sfiducia nelle proprie capacità, crisi di pianto. Dopo i dieci anni la depressione assume caratteri di maggiore completezza ed acquista aspetti molto simili a quelli dell’età adulta; appaiono vissuti di tristezza vitale, blocco dell’iniziativa pragmatica e dell’ideazione, idee ipocondriache e depersonalizzazione affettiva.
Fobia scolare
Si fa riferimento alla fobia scolare quando l’ansia e la paura ad andare e restare a scuola sono così elevate da compromettere in modo significativo una regolare frequenza scolastica e causare conseguenze sia a breve che a lungo termine. Tali conseguenze possono riguardare lo sviluppo emotivo, sociale, l’apprendimento scolastico, difficoltà nel rapporto con i coetanei e la famiglia. Il disturbo si caratterizza per i seguenti comportamenti problematici e sintomi somatici: a) elevata reazione di ansia alla’uscita da casa o nel giungere davanti alla scuola; b) vari sintomi somatici (per es., vertigini, mal di testa, palpitazioni, dolore al torace, tremori, nausea, dolori addominali, vomito, diarrea, dolore agli arti, alle spalle; c) il livello di ansia può essere elevato fin dalla sera prima ed il bambino può dormire male, il sonno può essere disturbato da incubi o risvegli notturni. I fattori scatenanti una fobia sociale andranno indagati con cura al fine di restituire un benessere al bambino. Di solito tali fattori sono ambientali: eventi stressanti a casa o a scuola; malattia propria o di un membro della famiglia; separazione dei genitori; contrasti in famiglia; problemi con un insegnante o con i compagni. La fobia scolare non va confusa con l’assenza ingiustificata a scuola che comporta assenza di ansia e di paura e spesso è associata a comportamenti oppositivi o di condotta o alla mancanza di interesse e motivazione.